L’iconografia lo raffigura con il cappello largo del pellegrino, il mantello a mezza gamba, chiamato poi in suo onore “sanrocchino”, in mano il bordone cui è appesa la zucca per l’acqua; alla cintola il rosario e sul petto una conchiglia per attingere l’acqua, come quella dei pellegrini di Santiago di Compostela; accanto il cane randagio che lo aveva sfamato quando, colpito dalla peste, si era ritirato a vivere in solitudine. Una figura scolpita nell’immaginario dei fedeli dalla devozione popolare che ne ha fatto uno dei santi più celebrati nel Medioevo, anche se oggi il suo culto in Europa sembra appannato, mentre nei Paesi cattolici del Terzo Mondo è tuttora vivo. Forse perchè in Occidente non esiste più la peste nera, il terribile flagello che a metà del Trecento dimezzò la popolazione europea e che fu l’evento che determinò la strordinaria parabola ascendente di san Rocco: un santo che, venuto quasi dal nulla – di lui non si conoscono nemmeno la data di nascita e di morte, lo si iscrive per tradizione all’anagrafe trecentesca della cittadina francese di Montpellier – e senza l’appoggio di nessun ordine religioso, “scalzò” la potestà di ben tredici santi allora invocati contro la peste, e si irradiò dalla Francia alla Germania, nei Paesi Bassi e più tardi in America Latina. In Italia ben ventotto comuni e trentasei frazioni portano il suo nome, mentre sono a lui dedicate più di tremila chiese; il suo culto, diffusosi rapidamente nel meridione, allargò le funzioni di santo “ausiliatore” anche contro le catastrofi naturali, le malattie del bestiame ed il colera. Sono numerose in tutta la penisola le feste e le celebrazioni in onore di san Rocco. Da nord a sud il 16 agosto viene celebrato con riti suggestivi ed evocativi: ad esempio, a Scilla (Rc) si ripete il rito del trionfino, una processione in cui la statua del santo patrono viene portato di corsa sotto una pioggia di fuochi d’artificio; a Butera (Cl) è un simulacro di serpente che si aggira per le case raccogliendo in bocca le offerte; a Palmi (Rc) la statua di san Rocco è seguita dagli spinati, devoti che si flagellano per penitenza e portano una mantella rivestita di rovi; a Torrepaduli (Lc) è usanza acquistare ventagli con l’effigie del santo; a Gioiosa Jonica (Rc), durante la novena che gli è dedicata, si cantano rime composte dai poeti locali; mentre un tempo, chi aveva ricevuto una grazia indossava durante la festa u muzzettu, la mantella del santo. Secondo alcuni studosi, la mantellina verde come la vegetazione, la sua funzione di protettore del bestiame e infine la collocazione calendariale della festa in agosto sono indizi per comprendere la sua popolarità. Proprio in questi giorni si celebravano nell’Impero romano feste in onore del dio Vortumno, preposto al mutamento ciclico che determina le stagioni e i cicli agricoli. Se si riflette su alcuni proverbi connessi al periodo ferragostano: “Per san Rocco la rondine fa fagotto” o “La prim’acqua d’agosto è cape de vierne”, non è del tutto infondato congetturare che le funzioni della divinità pagana siano state ereditate dal santo di Montpellier. Anche se tali ipotesi appaiono suggestive, depurata la biografia del santo da fatti e circostanze leggendarie, emergono tuttavia due aspetti significativi e incontrovertibili che rendono attuale la sua figura: l’assoluta laicità, la santità di san Rocco si sviluppò autonomamente rispetto alla Chiesa (l’unico suo rapporto con l’istituzione ecclesiastica si ebbe nella guarigione di un cardinale e nel conseguente acquisto dell’indulgenza plenaria del Papa); e il carattere “individualista”, cioè una condotta di vita riservata e solitaria, senza proseliti o confratelli, prediligendo un’esistenza da eremita, da camminatore solitario. Ma la modernità di san Rocco è riposta nella sua prerogativa di essere intercessore contro le grandi paure collettive, come nel caso della peste nel Medioevo. E forse per questo, qualcuno avanza la proposta di spostare la sua ricorrenza all’ 11 settembre.
