Via San Biagio,15
20013 Magenta (MI)
La Chiesa di San Biagio è inserita attualmente nel complesso architettonico dell’Istituto delle Madri Canossiane. Nel 1570, il Cardinale Carlo Borromeo accenna alle origini della Chiesa, affermando che, secondo quanto gli è stato riportato, in tempi lontani questo luogo di culto, antichissimo, era la Parrocchiale di Magenta. L’importanza di questo edificio sacro è testimoniata anche dal perseverare della consuetudine di celebrare con solennità la Festa del Santo titolare, in occasione della quale si tiene un pubblico mercato annuale nella piazza adiacente alla chiesa stessa. In seguito ai Decreti del Cardinale Carlo Borromeo si ricomincia a celebrare la Messa nell’Oratorio “campestre” di S. Biagio, a causa della sua ubicazione un po’ periferica rispetto all’allora centro abitato. A conferma dell’attaccamento della popolazione magentina, la Chiesa di S. Biagio non viene distrutta ma è sottoposta a periodici lavori di restauro. Nel 1636 l’Oratorio viene completamente edificato a spese dell’Abate Faustino Mazenta. A riprova dell’importanza dell’operato dell’Abate Mazenta, nella Chiesa di S.Biagio si trova ancor oggi una lapide a lui dedicata. Con un atto, rogato in data 11 luglio 1637, l’Abate Mazenta erige una cappellata perpetua in questo Oratorio, con riserva di giuspatronato a favore del più degno o del maggiore d’età dei suoi successori e discendenti in linea maschile: detta cappellania deve mantenere sempre natura laica e non ecclesiastica con la condizione che il titolare sia obbligato a risiedere e ad abitare stabilmente a Magenta, il più vicino possibile all’edificio sacro, per essere pronto a soddisfarne ogni bisogno. Già in quest’epoca, presso S. Biagio, vi è un’abitazione con un giardinetto, il cui usufrutto, unitamente a quello di alcuni possedimenti nella valle del Ticino, per volere del detto Abate è lasciato al Cappellano titolare con l’onere di celebrare quattro Messe alla settimana, compresa quella festiva. Una descrizione dettagliata e completa dell’ edificio sacro viene fatta nel 1706: l’Oratorio è di forma quadrata con il pavimento in laterizi ed il soffitto a volta, dipinto nel mezzo di celeste e decorato con stelle d’oro; l’altare è collocato in una nicchia a volta e sopra ad esso c’e una tela raffigurante S. Biagio, mentre alle pareti laterali, contornate da cornici scolpite, vi sono le suddette tele con S. Biagio scarnificato e con S. Biagio in carcere. Dalla parte dell’Epistola vi è anche un coro di noce elevato, sotto il quale si apre la porta che, attraverso un corridoio, conduce alla casa del Sacerdote titolare. Sulla parete della porta maggiore sono appesi sette quadri su tela, che riproducono le effigi di Santi, Vergini e Martiri. E’ interessante ricordare che in questo periodo veniva accordata un’indulgenza Plenaria a chi visitava la Chiesa dai primi Vespri della Festa di S. Biagio fino al tramonto del sole dello stesso giorno festivo. La Chiesa di S. Biagio, non subisce più alcun mutamento architettonico e giuridico fino al 1879, anno in cui il Marchese Giuseppe Mazenta, morendo, lascia, sia edificio della Chiesa sia la casa del Cappel-ano con l’annesso giardino, all’Ordine delle Figlie della Carità Canossiana, affinché vi possano edificare un Convento. Con la costruzione del Convento nel 1884, all’interno del quale si trova una Chiesa dedica-:a all’Addolorata ed utilizzata solo dalle Religiose, il luogo sacro viene chiuso al pubblico e aperto soltanto in occasione della Festa del Santo. Si deve, dunque, all’iniziativa delle Madri Canossiane l’attuale stato dell’edificio, recentemente ripulito e restaurato, come pu-re la continuazione dell’antica tradizione di celebrare solennemente ogni anno, il 3 febbraio, la Festa di S. Biagio e di esporre al bacio dei fedeli le sue SS. Reliquie . Ora, dunque, la Chiesa presenta una facciata, che si ripete all’estremità settentrionale del Convento delle Madri Canossiane, incorniciala ai lati da due lesene concluse da capitelli e chiusa superiormente da un timpano. Il portale d’ingresso è in stile tipicamente barocco, mentre il resto della facciata è stato rimaneggiato nell’800 durante i lavori di costruzione del Convento. Anche l’interno è in stile barocco ed ha un’unica navata, che si chiude, dopo una balaustra, con un piccolo presbiterio senza abside, sovrastato da un arco trionfale che riprende la volta a botte della navata stessa. Le pareti, ripartite da lesene, sono Scoperte da pregevoli quadri ad olio, rappresentanti scene del Martirio del Santo, attri-ouibili a Melchiorre Gherardini (29), di cui, come si è detto, si ha notizia già a partire dal ‘600. Gli unici rifacimenti sono alcuni affreschi nella volta a botte del presbiterio.
Fondatrice della Congregazione delle Figlie della Carità Canossiane fu Maddalena di Canossa di imperitura memoria, poi diventata santa. Ella, proveniente da Verona, eresse canonicamente la casa Primaria (Provinciale) dì Milano intorno al 1824. A Magenta, i fratelli Antonio e Giuseppe Mazenta, entusiasti del programma e dello stile proposti da santa Maddalena e conoscendo la valenza dell’opera educativa ed assistenziale svolta dalle Madri Canossiane, misero a disposizione la chiesa di San Biagio, di loro proprietà, con gli immobili connessi e un lascito monetario, perché si potesse instaurare un nuovo convento a beneficio della borgata. Il 23 agosto 1884 l’allora Prevosto di Magenta, Carlo Giardini, pose la prima pietra dell’istituto delle Madri Canossiane che fu inaugurato il 28 ottobre dello stesso anno. Da quella data in avanti pressoché tutta la gioventù femminile magentina cominciò a frequentare l’Oratorio del convento. Negli anni che seguirono ci fu una continua interazione tra Canossiane e Magentini. Da subito le Madri si misero al lavoro per l’attuazione del programma per il quale erano state chiamate a Magenta. Questo comportò immediatamente l’apertura gratuita della casa a un migliaio di ragazze con scuola per i lavori femminili e catechesi. Al Santuario dell’Assunta, inoltre, ogni domenica, otto Madri si impegnarono per la catechesi alle donne e da questi fitti legami interpersonali si realizzarono la fondazione di una Biblioteca Popolare al femminile e l’Opera dei Tabernacoli per la manutenzione ordinaria nelle chiese di Magenta. Seguirono quindi, d’accordo con le autorità, l’Asilo, le Scuole Elementari, i Corsi Medi e il Collegio. Sempre ottima fu la collaborazione con la Parrocchia per la quale l’opera educativa delle Canossiane fu di esempio perché fosse posta l’urgenza della fondazione di un Oratorio maschile. Pochi anni dopo la fondazione dell’istituto “si diceva nei dintorni che Magenta aveva cambiato d’aspetto” perché “la popolazione magentina è povera, è laboriosa ma esigente al sommo; e forse più che in qualunque altra casa, le Figlie della Carità sono colà le serve dei poveri, nel senso più stretto della parola”. Non si dimentichi, tra le tante giovani passate dalle Canossiane, Santa Gianna Beretta Molla che maturò, nella normalità della vita oratoriana e parrocchiale magentina, la propria vocazione alla santità come medico, sposa e madre.
Tratto integralmente da “MAGENTA Ritratto di una Città”