La nobiltà della famiglia risale al XV secolo, quando alcuni membri della famiglia ‘de Mazenta” vengono a trovarsi in stretti rapporti con i duchi Sforza, signori di Milano. Motto della famiglia così come si può desumere dall’arma gentilizia, era la massima “sine labe” (senza macchia), inserita nello scudo in campo azzurro in cui spiccava una candida scrofa.I Mazenta intensificarono tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento l’attività di acquisto fondiario in Magenta, grazie in particolare all’intraprendenza di Guido Antonio, padre di quell’abate Faustino che promosse il restauro della chiesetta di S. Biagio.Nel corso del Seicento le proprietà dei Mazenta si estesero e vennero incrementate anche da un’abile politica matrimoniale, segno distintivo della famiglie in ascesa. Guido Mazenta, figlio di Ludovico, fu provicario del Banco di S. Ambrogio, ed ottenne, grazie alla sua posizione privilegiata, la concessione dal Banco di S. Ambrogio della riscossione delle imposte fondiarie nella pieve di Parabiago e in Magenta; divenne in altre parole cassiere di parte delle entrate della città di Milano, attività che gli fruttò molte terre, che egli accettava in pagamento di quote insolute di imposta, approfittando della situazione di bisogno dei debitori. Il prestigio della casata ebbe nel 1676 anche il riconoscimento del trono di Spagna, con la concessione del titolo di marchese da parte di Carlo Il al giureconsulto Guido Antonio Mazenta “per i meriti suoi e dei suoi antenati”. Nel corso del Settecento, in ambito magentino, il nome ed il patrimonio dei Mazenta (proprietari nel borgo di un’ampia villa con giardino ubicata dove oggi sorge il palazzo del cinema Centrale) furono secondi solo a quelli dei conti Melzi, con i quali d’altra parte si crearono nel 1771 saldi legami di parentela. Giunti all’apice dell’ascesa sociale, alla dignità marchionale venne appoggiato anche il titolo feudale: Domitilla Trivulzio acquistò per il figlio minorenne Guido Mazenta, dopo averne ottenuto il matrimonio con Maria Teresa Melzi, sorella di Francesco Melzi d’Eril, il feudo di Giussano, resosi vacante per la morte del conte Barbiani. La presenza dei Mazenta tra i proprietari magentini, pur con un patrimonio ridotto, proseguì per tutto l’Ottocento; nella seconda parte del secolo il saldo legame con la comunità trovò modo di concretizzarsi prima con la collaborazione dei Mazenta nella fondazione dell’Ospedale (1876), poi con il lascito testamentario per la costruzione della Casa delle suore Canossiane (1884). Riconoscendo l’indubbio merito della casata, la città la ricorda con la denominazione di una via, intitolata ai Mazenta nel 1953.
