Tutti gli anni, il giorno 3 Febbraio, si svolge la tradizionale Fiera di Merci e Bestiame le cui radici si perdono nei secoli scorsi. Il mattino la piazza del mercato offre un vasto campionario di macchine agricole mentre le vie adiacenti sono stipate da una enorme quantità di bancarelle tra cui spiccano quelle di gastronomia a base di “pulenta e pisitt”. Piatto tipico della giornata è la “busecca” che si gusta in tutte le trattorie e sotto il tendone in piazza dove è cucinata dagli Alpini. Un accenno particolare va fatto alla tradizionale vendita di castagne, i “maron”. I primi riferimenti alla coltura del castagno nella provincia di Cuneo risalgono alla fine del XII secolo e l’inizio del XIII. A partire dal XIV secolo i documenti si fanno sempre più precisi e numerosi sono i riferimenti negli statuti comunali di castagneti tutelati. Negli anni 1320-1321, i castellani del regno sabaudo annotavano se il prodotto dei castagneti era buono, specificando la qualità dei frutti. Intorno al 1750, alcuni documenti forniscono dati e notizie circa la consistenza delle superfici di castagno e della produzione di castagne. Il castagno per secoli ha sfamato con i suoi frutti intere generazioni ed ha costituito la base alimentare delle popolazioni rurali che in esso trovavano rimedio a carestie e povertà. Le castagne per il loro basso costo, l’alta reperibilità e l’elevato potere nutritivo venivano utilizzate come alternativa ai cereali, sostituivano spesso il pane di segale, da cui il nome di “pane dei poveri”. La raccolta delle castagne iniziava solitamente tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre e continuava fino a novembre. La raccolta avveniva principalmente a mano. Tra i sistemi per conservare le castagne troviamo la produzione in fili che noi chiamiamo “firon da castegnn”. Questi si fanno infilando le castagne fresche con uno spago; in questo modo, si formava una collana anche molto lunga che veniva poi essiccata appendendola a una parete o sui balconi. Questo prodotto continua ad essere tradizionalmente presente alla Fiera di S. Biagio, e il “Firunatt” (milanese “Fironatt”) era, nei tempi passati, il venditore ambulante di “cuni”, le castagne di Cuneo, che allettava i compratori con: “Bej cuni, bej maron!” dando anche la possibilità di vincere, estraendo tre numeri da un sacchetto, altre castagne in omaggio. Il pomeriggio la festa si sposta nei pressi della Cappella dell’Istituto Madri Canossiane dedicata al Santo venerato sia in Occidente che in Oriente, dove la devozione popolare si manifesta nel “bacio della reliquia” Rimane ancora nel giorno della sua festa l’uso della benedizione della gola, ovvero la benedizione di San Biagio contro le malattie di gola. Un tempo, specialmente in campagna, pochi vi avrebbero rinunciato perché si diceva che preservava nell’anno da tutte le malattie della gola. Dopo la messa il 3 febbraio il sacerdote in piedi sul presbiterio pone due candele incrociate sotto il mento a contatto della gola a ciascuno dei fedeli che, uno alla volta, passano davanti a lui e s’inginocchiano. A ognuno impartisce la benedizione con le parole: «Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal male della gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo. Così sia». Nella tradizione “meneghina” il gesto di benedire la gola è stato attualizzato con il mangiare un pezzetto del panettone, la prima fetta tagliata a Natale e conservata per l’occasione.
