La Curta (I Cortili)

La Curta (I Cortili)

Vecchi cortili, case di ringhiera di cui ormai sono rimaste poche e fatiscenti tracce a testimoniare un gusto particolare dell’abitare, un mondo di valori da ricercare o rivivere. Guardando il cortile, ascoltando gli anziani, se ne riscopre un fascino del tutto particolare. In tutti persiste il ricordo indelebile di uno spazio urbano in cui si situano rapporti interpersonali, uno stile di vita. Ogni momento lieto o triste è vissuto in una dimensione comunitaria. La collaborazione e la solidarietà sono alla base della vita quotidiana: “Tanti man, fann prést al pan”
Così come esplodono in modo incontrollato e passionale rivalità, invidia e odio, per cui: “Amis cun’tucc, cunfidensa cun’nissun” “Prima da fas un amis, mangia insèma un car da ris” Nel cortile, a pianta quadrangolare, c’è un ampio spazio interno: l’èra. Al termine della lunga giornata lavorativa gli adulti scambiano quattro chiacchiere e l’aia diventa il luogo d’incontro come la stalla nei mesi invernali quando alla luce da la lum gli anziani raccontano straordinarie pansànigh (dal Scisgirin camino a la gamba russa) non solo ai bambini, mentre le donne lauràn al scalfin e prima da durmi disan al rusari insema a sottolineare che la preghiera è un fatto corale. Non esiste un impianto idrico, sa ciappa l’acqua da la trumba par bev o fa da mangiò anca par impieni al sigion, in due sa fa la bugaa cunt la scendra (ma che è anche, all’occorrenza, vasca da bagno). (Non essendoci servizi privati molte volte in mes a la curta ghe al cess cumun, crocevia di diatribe e di aneddoti che hanno popolato l’infanzia di molti). Nella ca’ piano terra, vive la famiglia. Qui ci si raduna per il pasto, ci si ritrova dopo il lavoro, si ascoltano le direttive dal risgiu, che di solito è il più anziano del gruppo familiare. In estate si mangia con il piatto in mano in su l’usc, mentre in inverno sa sta tucc inturn’ al camin. All’interno il mobilio è ridotto all’essenziale: al tàul, poc cadrégh, una cardensa, la marna par al pan, (e magari una cuna o un stantireu). In un canton ghe poeu l’altarin da la Sacra famiglia (o dal Sacro Cuore) e se la famiglia sta attraversando un periodo di difficoltà ghe piss anca un lumin. Molti anziani ricordano che questo segno richiamava l’aiuto dei vicini. Al piano superiore di solito sa troeua la stansa, vi si accede per una scala ripida e buia, posta all’esterno in un angolo del cortile. Questo locale, dal soffitto altissimo, l’è frecc e umid d’inverna, e trop cold d’estaa. Anche qui l’arredo è limitato all’essenziale: al lecc, i cifon cunt dentar i so bei urinari in ceramica o smaIta al cumò, e in un canton al cadin cunt la broca da l’acqua. Oggetti quest’ultimi a volte finemente decorati a mano hiin un rigai da spus. Se nel periodo più caldo si dorme su materassi cunt dentar i feuj da marigon, in inverno si usa un mataras da pium d’oca… ma sa al fa trop frecc “sa cascia dentar al pret!”