
Via Cavallari, 2
20013 Magenta (MI)
L’idea del Teatro Sociale Lirico Drammatico si concretizzò quando alcuni appartenenti alla Società 4 giugno 1859 acquistarono un terreno del Cav. Luigi Cassola sul corso Vittoria. Si aggiunsero subito altre generose persone ed il progetto arrivò a coinvolgere tutto il “borgo” con una sottoscrizione di azioni. La maggior iniziativa vide a capo Gian Franco Giacobbe, ma il giorno precedente alla prima adunanza degli azionisti, moriva in Milano il 30 marzo 1902 in un incidente. Fu l’avv. Giovanni Giacobbe, suo padre, che per ricordare il figlio e dar corpo ai desideri dei magentini riaccese l’iniziativa con cospicue donazioni. Il progetto fu affidato all’arch. A.Menni mentre la decorazione della volta fu eseguita dal G.Campi, già autore, nel 1897, del ciclo pittorico di Casa Giacobbe.II 7 marzo 1903 venne posta la prima pietra. La sera del 4 giugno 1904 il teatro fu inaugurato con una esibizione del grande tenore Francesco Tamagno, di Adele Borghi ed Emilia Corsi, due voci di primo piano della lirica di allora e da Edoardo Ferravilla il più importante esponente del teatro dialettale milanese. Un ampio lucernario è posto al centro della volta. Intorno ad esso si snoda una lunga serie di figure; tra le tante, una donna siede dolcemente, quasi coronata regina dello spazio, nella mano sinistra tiene la lira e con la destra addita la luce del Progresso che si irraggia nel mondo. Alla sua sinistra, la Gloria offre al Progresso la corona d’alloro. A destra della Gloria si ergono Dante poeta divino e Beatrice elevazione intellettuale dell’ amore. Li circondano l’organo e l’arpa davidica con frati e suore che cantano; nell’intero gruppo si incarna la musa della poesia e della musica, le due arti di suprema dolcezza, espressioni di cielo e di terra. Esattamente di lato una donna rintronata si tura le orecchie. Raffigura lo Stordimento e ci dà ancora l’idea dell’Oscurantismo. Volgendo di nuovo lo sguardo a sinistra, balza agli occhi con leggiadra armonia la Danza e, di nuovo a destra, dieci puttini in girotondo con i loro strumenti rappresentano il Ciclo Artistico. La pittura prosegue con i puttini in fuga che rappresentano l’Orchestra e insieme ad essa la Satira, la Follia, la Commedia e i Burattini di origine Cinese. Nel timpano della baracca dei burattini è leggibile la parola Verdi e dietro ad essa fa capolino un uomo, è il burattinaio Lampugnani che nel 1859 dilettava i Milanesi con i suoi spettacoli. Anche lui come tutti in quell’anno era coinvolto nella causa nazionale e Verdi infatti significava Vittorio Emanuele Re d’Italia. Il fatto storico di Arrigo VIII (avvenuto nel periodo di Natale) viene introdotto dagli emblemi della Natività. Più sotto la storia dalle ali veloci scrive dell’arrivo dell’Imperatore. Sopra il boccascena l’intero spazio è occupato dalla rappresentazione dell’arrivo di Arrigo VIII di Lussenburgo che sceso in Italia per riappacificare le famiglie dei Visconti e dei Torriani, sostò nei giorni 21-22-23 dicembre 1310 a Magenta a causa di una tempesta di neve con la Moglie Margherita ed i Principi di Francia e Germania. L’Imperatore e la corte a cavallo si stagliano sullo sfondo rappresentato dalla chiesa di Santa Maria Assunta con il campanile romanico tuttora esistente.
Nel 1904 il pittore Giacomo Campi realizzò il dipinto della “volta” del Teatro Lirico di Magenta, oggi ‘tempio’della cultura e della musica. L’affresco, ‘popolato’da diverse allegorie sovrastate dalla luce del progresso, rappresenta la sosta di Arrigo o Enrico VII di Lussemburgo a Magenta nel dicembre del 1310. Sullo sfondo della rappresentazione svetta la torre campanaria della chiesa di Santa Maria Assunta del monastero dei monaci Celestini. Questa rappresentazione è puramente simbolica in quanto l’autore vuole evidenziare che il “teatro” della scena è Magenta. In assenza di questo soggetto la zona del “teatro scenico” risulterebbe, infatti, anonima. E’ una scelta dell’artista senza alcun supporto storico, in quanto il monastero dei Celestini è stato fondato solo nel 1353 ed il campanile è stato realizzato ancora più tardi, nel XVsecolo. Sopra la rappresentazione è dipinta la volta celeste, dove si osserva un insieme armonico di nuvole e putti, quale contorno del rosone (lucernario) realizzato al centro della volta. Nell’affresco si notano una figura maschile che sembra rappresentare il poeta Dante ed un teatrino di marionette intitolato a Giuseppe Verdi.
A.Menni – Milanese,ancora studente ottenne diversi premi,frequentò l’Accademia delle Belle Arti presso la quale consegui il titolo di Professore di Architettura. Dopo una collaborazione negli studi di alcuni famosi architetti del tempo, venne il suo primo, importante, ammirato lavoro: villa De Gaudenzi a Varese. Nel concorso per il Teatro Nuovo di Bergamo il suo progetto fu lodatissimo e posto nella terna. Il teatro Lirico di Magenta, così come appariva all’inizio del secolo, fu dimostrazione dell’indubbio valore del suo artefice.
G-Campi – Giacomo Campi, oriundo eremonese, nacque a Milano nel 1846, iniziò gli studi pittorici con il professor Gandolfi, passò poi all’Accademia Carrara a Bergamo sotto il pittore Scuri; quindi lavorò a Roma in Vaticano, al Collegio Romano col pittore Francesco Rodesti. Nel 1870 si stabilì a Milano dove aprì uno studio. Suoi dipinti si trovano in molte nobili dimore milanesi: casa Bagatti – Valsecchi, casa di Manzoni, in piazza Belgioioso a Milano, castello Arnaboldi a Carimate, casa del Duca Melzi, del Principe di Castelbarco, in alcune ville a St.Moritz e San Remo, agli Hotels Plinius di Como ed Angleterre di Venezia, presso il banchiere Alplon a Parigi; e ancora, nelle sale d’udienza al palazzo reale di Monza, a Romanengo, a Cardano al Campo, a Saronno, in Vaticano, all’Accademia di S.Luca a Roma, a New York. Re Umberto lo insignì del titolo di cavaliere, mentre la città di St. Moritz gli diede la cittadinanza svizzera. Professore di disegno, fu socio onorario di numerose Società artistiche italiane. Morì il 18 dicembre 1921. A Magenta, oltre all’affresco del Teatro Lirico, ha realizzato anche il porticato di Casa Giacobbe riproducendo alcune allegorie delle guerre di indipendenza del 1859 per l’Unità d’Italia.