
All´indomani della morte del Generale,il parroco di Magenta don Cesare Tragella e il sindaco Brocca, dopo aver presenziato alle esequie in Nótre Dame a Parigi, lanciarono l´idea di dedicargli un monumento. La cerimonia inaugurale vide la partecipazionetra gli altri del Generale DeVaulgrenant, aiutante di campo del Ducadi Magenta nella Campagna del ‘59, del figlio del Duca, Capitano Emmanuel di Mac Mahon, del Gen. Mocenni, rappresentantedel Governo, del sindaco di Milano Vigoni, del console di Francia a Milano Carteron, del Gen. Bava Beccarisoltre, naturalmente, al sindaco Brocca e al parroco don Tragella.
Da “Illustrazione popolare – giornale per le famiglie” Voi XXXII – n. 29 – 16 giugno 1895
dono agli associati del Corriere della Sera – Fratelli Treves, Editori Milano
“Il nome del maresciallo Mac Mahon , morto il 17 ottobre 1893, rimane scolpito a caratteri indelebili ne’cuori degli italiani riconoscenti. A lui si deve se nel 4 giugno 1859 la battaglia di Magenta fu vinta e se, in seguito a quella vittoria, Milano fu libera. Al domani della morte di quel prode, si bandì l’idea d’innalzargli un monumento a Magenta. In breve si raccolsero J le offerte, e martedì, 4 giugno, anniversario della celebre battaglia, una bellissima statua in bronzo era solennemente inaugurata, in onore del soldato glorioso. S. M. il Re e il Governo si fecero rappresentare dall’ onorevole Mocenni, ministro della guerra. Il Governo francese inviò una speciale missione destinata a rappresentare l’esercito francese. Questi era composta: dal generale de Vaulgrenant, un bell’ uomo, alto, asciutto, che era aiutante dì campo di Mac Mahon nella guerra del ‘59 e che adesso comanda il XV corpo d’esercito a Marsiglia; il tenente colonnello Pinsonnière, addetto militare all’ambasciata francese a Roma; il capitano Mac Mahon del 66° reggimento di linea, simpatico ufficiale, figlio dell’illustre maresciallo; il capitano Maurizio di Vaul grenant del 18° dragoni, e il capitano de Mondesir del genio. U capitano Calderara, messo a disposizione della missione per ordine del nostro ministro della guerra, andò ad incontrarla a Ventimiglia. Alla cerimonia si notavano altri francesi, fra i quali quel generale Young, presidente della Lega francoitaliana, che nel ‘59 lasciò nella società milanese brillanti ricordi. Fra le rappresentanze italiane va notato il tenente generale San Marzano. Vi erano le rappresentanze reggimentali dei corpi del nostro esercito che presero parte alla battaglia. L’entusiasmo della popolazione verso i francesi fu schietto, accesissimo. Si gridava evviva; si gettavan fiori a ‘ piedi del figlio di Mac Mahon, che, pallido, frenava a stento la commozione mordendosi le labbra. La cerimonia civile fu accompagnata da una cerimonia religiosa. Sii un altare improvvisato, fu celebrata la messa, dinanzi allo rappresentanze e alla folla immensa. E si fece bene, perchè Mac Mahon era credente, religiosissimo. Tale omaggio reso alla fede dell’eroe che si voleva onorare, compieva la solennità. I discorsi furono parecchi. Notato, fra altri, quello del parroco di Magenta, don Cesare Tragella, uno de’ buoni sacerdoti che non possono dividere il culto della patria da quella di Dio. II suo discorso fu un po’ troppo lungo, ma eloquente. L’ILLUSTRAZIONE POPOLARE ha già dato il ritratto di don Cesare Tragella nel volume XXX ( 1893), alla pagina 732, in occasiono che egli si recò in Francia a’funerali di Mac Mahon, segnalandosi anche in quella occasione pei sentimenti franchi e nobilissimi. Fra gli altri oratori, notiamo il ministro Mocenni e il senatore Massarani. Gli oratori italiani furono certo tutti cordiali e, quale più e quale meno, calorosi. Riservati, — riservatissimi, anzi, — gli oratori francesi. Il monumento consta della statua del maresciallo in bassa tenuta col cappotto, e in posa tranquilla: la testa è leggermente piegata in atto di osservare lo svolgersi della battaglia: la mano destra è nascosta nella tasca dei calzoni: la sinistra si appoggia alla sciabola. Autore di questa statua (alta tre metri) è lo scultore Luigi Secchi, di Cremona, dimorante a Milano. L’architetto Luca Beltrami disegnò il piedestallo, che è alto tre metri e mezzo, in pietra di Rezzato. Sullo zoccolo una corona d’alloro porta nel centro la storica data 4 giugno 1859. Sul plinto è scolpito: Al maresciallo — di Mac Mahon – Duca di Magenta — MDCCCXCV: iscrizione insufficiente pei posteri che probabilmente non ricorderanno bene perchè, quando, da chi e contro chi fu combattuta la battaglia. Il monumento sorge sul viale bellissimo, fiancheggiato dalla strada provinciale. ”
“Il monumento consta della statua del maresciallo in bassa tenuta col cappotto e in posa tranquilla: la testa è leggermente piegata in atto di osservare lo svolgersi della battaglia: la mano destra è nascosta nella tasca dei calzoni: la sinistra si appoggia alla sciabola. Autore di questa statua( alta tre metri) è lo scultore Luigi Secchi, di Cremona, dimorante a Milano. L’architetto Luca Beltrami disegnò il piedistallo, che è alto tre metri e mezzo, in pietra di Rezzato. Sullo zoccolo una corona d’alloro… (Da “Illustrazione Popolare” n°29)
Avete senza fatica indovinato di quale monumento si parla e chi è il maresciallo, “in posa tranquilla”, che da più di cento anni osserva le vicende della città di cui fu nominato Duca e che al mattino, al momento della colazione, esattamente come uno di famiglia, ci dà il buongiorno dalla confezione del latte. ebbene sì, stiamo proprio parlando del maresciallo di Francia maurice edme- Patrice de mac mahon, o meglio del monumento a lui dedicato e inaugurato il 4 Giugno 1895. Le immagini e i discorsi di quella solenne cerimonia vennero pubblicati sulla “Illustrazione Popolare” del 16 Giugno dello stesso anno e si possono rivedere sul documentatissimo libro di Pietro Pierrettori “Patrice de Mac Mahon Duca di magenta”. Come mai questa curiosità per il nostro “marmaion”, come lo chiamavano i vecchi, con un soprannome che ribattezzando in modo affettuoso una persona o un monumento non fa altro che spogliarlo della sua lontananza e renderlo vicino come uno di casa? Perché dopo aver cercato notizie sul monumento alla vittoria, il Cavalon, e quello ai Caduti, non volevo lasciare nell’ombra proprio uno dei simboli più familiari e riconoscibili della nostra città. Andiamo in giro per il mondo a visitare musei e ad ammirare i capolavori che vi sono custoditi e mi sembra giusto conoscere un po’ meglio le piccole opere d’arte di casa nostra, perché questo si sono rivelati, alla fi ne, i nostri monumenti, che possono piacere o non piacere, risultare retorici o troppo datati, ma che sono stati realizzati da artisti di indubbio valore. e al monumento del nostro marmaion hanno posto mano due personalità dal curriculum prestigioso. Cominciamo allora dallo scultore e, una volta scoperto il nome sul libro di Pierrettori, grazie a Wikipedia, la ricerca è facile. La statua di Mac Mahon è opera di Luigi Secchi, nato a Cremona nel 1853 e morto a miazzina nel 1921. Stabilitosi a milano, fu allievo dell’Accademia di brera ed ebbe una spiccata disposizione per la scultura monumentale; realizzò infatti numerose opere, tra le quali, solo per citarne alcune, la statua di verdi, a busseto, il bassorilievo di Umberto I all’entrata del Castello Sforzesco, la statua di Sant’Ambrogio, nella torre del Filarete, sempre al Castello. Il piedestallo fu disegnato da Luca beltrami, nato a milano nel 1854 e morto a roma nel 1933. Di professione architetto, insegnò all’Accademia di belle Arti a milano e al Politecnico; svolse un’intensa attività come studioso e teorico dell’arte e fu senatore del regno d’Italia. Dispose il piano regolatore per la Città del vaticano e realizzò gli edifi ci più importanti di piazza della Scala a milano, tra i quali la facciata di Palazzo marino. Sempre a milano, a lui si devono, tra gli altri, il Palazzo della Permanente, la sede del Corriere della Sera in via Solferino e la Sinagoga di via Guastalla. Compì numerosi restauri: la torre del Filarete e il Castello Sforzesco e inoltre il campanile di San marco a venezia, solo per citare i più noti. e un intelletto di questo calibro ha lavorato anche per noi! e’ risaputo che l’Italia vanta un patrimonio artistico di eccezionale valore, ma accanto a opere di fama mondiale, si possono trovare, sparsi per tutto il Paese come fi gli di un dio minore, pregevoli lavori artistici custoditi nelle abbazie, nei castelli, nelle dimore private; sono opere di caratura modesta, se paragonate alle grandissime che tutto il mondo ci invidia, e importanti solo per chi ci è cresciuto accanto, ma fanno pur sempre parte di una grande tradizione di eleganza e di buon gusto che vale la pena di conoscere e tutelare.
M. Luisa Busti