Il 21 settembre 1994, a Gerusalemme nel Centro Ebraico, alla presenza del Rabbino Capo Yemenita GAMIEL, del dott. Zurieli, del vice Sindaco di Gerusalemme, di due cattedratici dell’Università, del’addetto del Ministero della Cultura di Tel Aviv, è avvenuta la cerimonia dell’iscrizione di Giuseppe CAPROTTI nel “LIBRO D’ONORE DEI GIUSTI”: “In memoria di Giuseppe Caprotti (1862 – 1919), un giusto delle nazioni che non ha lesinato il suo tempo ed i suoi beni per aiutare l’ebraismo jemenita a Sanaa, dove ha trascorso la maggior parte della sua vita, inoltre ha coinvolto nello sforzo l’ebraismo mondiale e primo fra tutti il Dott. Beniamin Zeev Herzel”. Iscritto da Rav Scialom Ben Saadia Gamel Presidente dell’Istituto Scialom Lescivtei lesciuron di Gerusalemme.” Giuseppe Caprotti e prima di lui il fratello Luigi furono i primi occidentali ad aprire le vie commerciali con Sudan, Eritrea, Abissinia e Yemen. Luigi nato nel 1859 lo aveva preceduto nel continente africano nel 1879 quando, terminati gli studi liceali, dopo una breve esperienza di lavoro in una ditta lombarda, insofferente del limitato orizzonte della normale vita di paese, animato da un inconsueto spirito d’avventura, sorretto da una volontà e da un’intelligenza eccezionali, partiva, appena ventenne, quale delegato della “Società di espIorazione commerciale per I’Africa’ col preciso proposito di costituire case d’importazione e di esportazione per uno scambio tra prodotti locali e italiani. Giuseppe Caprotti nacque a Calò Brianza il 29 marzo del 1862 da Antonio, amministratore di beni ecclesiastici e da Maria Cassani e giovanissimo arrivò a Magenta. Nel luglio del 1885, su invito del fratello, partì per l’Arabia, dopo una sosta di qualche mese ad Hodeidah raggiunse Sanaa nello Yemen, dove, alla morte di Luigi, condusse da solo ed in proprio, la ormai avviata attività commerciale e fu, tra l’altro, agente esclusivo, per sette anni, della Regia Ottomana dei tabacchi. Giuseppe differiva nel temperamento dal fratello; se Luigi era spirito avventuroso, pieno di iniziativa e di vitalità che non conosceva ostacoli, lui era, al contrario, energico e mite, lavoratore indefesso, caritatevole fino all’eccesso, ospitale e cordiale con tutti poveri e ricchi, personalità e uomini qualsiasi. Si preoccupava di rendere gradevole il soggiorno laggiù ai visitatori europei ed era sua cura agevolare le relazioni diplomatiche del consolato italiano con il quale collaborava in modo prezioso. Fu in questo spirito che prestò la sua opera a Sanaa aiutando, tra gli altri, gli ebrei yemeniti. Alla fine del mese di luglio del 1905 un breve dispaccio giunto al Corriere della Sera annunziava che i turchi avevano ripreso Sanaa ai ribelli dello Yemen. Per il giomalista che in quei giorni aveva tra le mani il diario d’un lombardo che a Sanaa dimorava, era l’annuncio dell’epilogo di un grande dramma per ora finito, ma pronto a ricominciare domani in una monotonia grave di miseria e di sangue. Sanaa era stata per cinque mesi assediata dai ribelli e stremata ed esausta, divenuta un cimitero entro il quale ai pochi vivi rimaneva appena la forza di commettere le ultime rapine e le ultime infamie, aveva capitolato nell’aprile precedente. Dopo tre mesi di dominio arabo, le truppe del Sultano stavano rientrando.
Giuseppe Caprotti fra le sue occupazioni di indole commerciale fu altresì un grande raccoglitore di antichi manoscritti e codici arabi, come pure raccolse oggetti di arte mussulmana di molto pregio: ciò che attesta le sue elevate qualità di uomo d’affari e d’uomo di cultura. L’intera collezione manoscritta araba da lui radunata nello Yemen passò definitivamente alla Biblioteca Ambrosiana nel 1909 quando a reggerla come prefetto c’era Monsignor Achille Ratti, il futuro Papa Pio XI. La collezione consta di ben 1790 codici manoscritti che trattano i più vari argomenti della civiltà e dell’umanesimo arabo, specialmente yemenita. La catalogazione delle opere fu iniziata dal dott. Eugenio Griffini – morto nel 1925 a Il Cairo dov’era bibliotecario di re Fu’àd – ma solo parzialmente compiuta; approssimativamente assomma ad un terzo del totale ed i risultati furono riportati nella Rivista degli Studi Orientali dell’Università di Roma, anni 1910/1919. Oggi la raccolta Caprotti si conserva nella Biblioteca Ambrosiana, fatta eccezione di un fondo di circa trecento codici che il Caprotti, tramite il senatore arch. Luca Beltrami, volle consegnare, nel 1926, alla Biblioteca Vaticana. Una lapide con iscrizione in latino ricorda in Vaticano la donazione di Giuseppe Caprotti.