Fare San Martino

Fare San Martino

Il giorno di San Martino è sempre stato atteso dai contadini della nostra zona come il momento del rendiconto e del bilancio di tutta la stagione agricola. I contratti stipulati tra coloni e proprietari delle terre e delle cascine avevano termine rii novembre, così come entro quel giorno dovevano essere saldati i conti colonici, pagati i canoni e consegnati i generi d’appendizio.La stagione agricola aveva, a dire il vero, anche un’altra importante scadenza, il 9 agosto, giorno di S. Lorenzo, entro cui procedere al saldo dei raccolti e delle vendite dei grani, ma l’importanza di S. Martino come momento del consuntivo ddl’annata non venne mai messa in discussione, riflesso e conseguenza anche dell’importanza che la produzione di uve ebbe al secolo scorso nella nostra zona, tanto che la stagione non poteva dirsi conclusa fino a vendemmia eseguita. Storicamente poi le operazioni legate al ciclo agricolo avevano una scadenza fiscale all’inizio di novembre: i prodotti che a quella data risultassero ancora non avviati ai mercati pagavano la cosiddetta “Tassa deirimbottato”, imposta di origine assai antica ma ancora riscossa fino a metà Settecento. Così il giorno di S. Martino concludeva il lavoro di tutti i protagonisti della vita contadina: coloni, fittabili, fattori e proprietari potevano a quella data trarre il bilancio dell’anno di attività. D’altro canto il rinnovo dei vecchi contratti, e la stipulazione dei nuovi, doveva essere fatta quando ancora la terra si prestava ad essere lavorata e seminata per la stagione successiva. Ai coloni in particolare S. Martino poteva non essere affatto amico: frequenti erano i casi di scissione dei contratti agrari, a causa sia di insuccessi nel raccolto che di desiderio di migliorare le proprie condizioni. Ed allora tutta la famiglia colonica traslocava, magari da un cortile all’altro dello stesso paese, o anche da una zona all’altra della pianura, portando con sè le poche masserizie che avrebbero arredato la nuova casa. Fare “san martino” divenne così espressione proverbiale, ed il continuo bisogno di traslocare, in un popolo tradizionalmente legato alle proprie radici, non aveva certo un significato positivo. Anzi, in alcuni periodi, quando le fallanze dei raccolti riducevano i contadini alla miseria, S. Martino era atteso con terrore, perchè poteva significare la perdita dell’alloggio e dei pochi beni di cui la famiglia disponeva.