
Il 31 agosto 1957, adorno di ghirlande di fiori, il Gamba de Legn entrò in Corso Vercelli per l’ultima volta. Il suo malinconico ultimo viaggio segnava la soppressione della linea tramviaria di Milano-Magenta-Castano, quella che per 80 anni aveva trasportato gli antenati dei moderni pendolari. I tempi stavano rapidamente cambiando. L’Italia del boom economico non sentiva più il fascino dei vecchi tram a vapore. Una prosaica linea di autobus extraurbani lo avrebbe sostituito. La linea Milano-Magenta-Castano nacque sulla carta l’8 settembre 1878. Un anno dopo fu inaugurato il primo tratto, quello che andava da Milano-Porta Magenta a Sedriano. Il resto della linea seguì in breve tempo. Le 17 motrici che componevano il parco originale del Gamba de Legn erano tutte state fabbricate in Germania dalla Lokomotivenfabrik Krauss. Il motore doveva essere ben riparato da un cofano che lo avvolgesse e la cabina di guida, per motivi di sicurezza, doveva essere posta nella parte anteriore del veicolo. Il capolinea del Gamba de Legn era a Milano in Piazzale Baracca, appena fuori dalle vecchie mura, mentre il deposito delle carrozze era al n.33 di Corso Vercelli (che dal 1911 divenne capolinea). La velocità massima del convoglio era di 15 km/h in campagna e 10 km/h entro i confini di Milano. In caso di necessità (per esempio con la nebbia) un uomo a piedi doveva procedere davanti al tram suonando un fischietto che avvertiva i veicoli in transito e i passanti del pericolo imminente. Come mai si chiamasse così, non si sa per certo. Secondo alcune fonti forse perché uno dei primi tramvieri incaricati di precedere il tram, aveva una gamba di legno. Più probabilmente si chiamava così per via dello strano movimento ondulatorio della motrice, simile appunto a quello di un uomo con una gamba di legno, dovuto al meccanismo di trasmissione Stephenson delle prime locomotive che hanno prestato servizio sulla linea. Le fermate più importanti erano poste a Trenno, Cascina Olona, Sedriano (cui seguiva una diramazione per Castano) , Vittuone, Corbetta, Magenta. Ma, su richesta, il tram poteva effettuare delle fermate di emergenza anche in centri meno importanti. Poco prima di arrivare al capolinea di Magenta, c’era una piccola e graziosa fattoria. Oggi chi andasse a cercarla, troverebbe al suo posto una ormai vecchia autorimessa per autobus. Durante la seconda guerra mondiale la campagna nei dintorni di Milano divenne zona di sfollamento, il che fece aumentare il traffico sulla linea del povero Gamba de Legn. Furono approntati dei vagoni d’emergenza riciclando normali vagoni merci. Ciononostante molti passeggeri dovevano viaggiare sui tetti delle vetture. Il combustibile giungeva sotto forma di mattonelle di carbone e c’erano due serbatoi che distribuivano acqua proveniente direttamente falle tubature principali della città. Nel 1954 il servizio sulla linea principale fu limitato alle sole ore di punta, nelle altre ore il tram era sostituito da autobus che faceva rare corse. Successivamente fu soppressa la diramazione per Castano, primo passo per la soppressione completa della linea. Il 31 agosto 1957 la locomotiva n.17 riportò nottetempo l’ultimo treno in Corso Vercelli. Per ottanta lunghi anni generazioni di milanesi, ricchi e poveri, lavoratori e disoccupati, erano entrate nei vagoni, ogni giorno, per andare a lavorare o per andare a fare una gita fuori città. Qualcosa della vecchia Milano si era perso per sempre!
Esce di casa ogni giorno di buon mattino e, fatte quattro corsette per sgranchirsi le… ruote, attende pazientemente che l’ultimo dei suoi clienti abbia finito di sorbirsi il rituale “cicchetto” poi, al perentorio trillo del signor Capo Stazione, col fischio si avvia al piccol trotto verso la meta trascinandosi dietro un traballante codazzo di preistoriche carrozze, tenute in sesto, alla meno peggio, da un traballante binario. Si tiene prudentemente ai margini della strada disdegnando dignitosamente ogni questione con gli indiavolati veicoli d’oggi giorno che sfrecciano via senza riguardo per nessuno , e quando, per ragioni di forza maggiore la deve attraversare, si affida al buon senso di un fedele ometto il quale arresta imperiosamente il traffico facendo uso di una trombetta tutta simile a quella del mio lattivendolo. I soliti maligni lo fanno oggetto delle più aspre critiche e lo onorano sovente dei più svariati epiteti non propriamente lusinghieri. Ma lui a simili calunnie non bada e prosegue imperterrito per la sua strada fischiettando allegramente e dimenando la coda con sussiego. Non ha mai avuto eccessiva premura di arrivare e gli acciacchi e la veneranda età lo costringono spesse volte ad arrestarsi…per tirare il fiato. Ma nelle giornate di gran vena fa il diavolo a quattro e allora nessuno lo tiene più: fischia, piglia la rincorsa e con un galoppo furioso prende la sua brava rivincita sugli spudorati ciclisti che il giorno prima, ohibò !, osarono lasciarlo indietro. Abborda così le curve con impeto giovanile fra un infernale frastuono di ferraglie, e non degna neppure d’un guardo certe piccole stazioni colle quali era solito fermarsi a fare quattro chiacchiere. Entra poi nei paesi così conquistati con l’aria del trionfatore, avvolto in una gloriosa nube di vapore e coronato da un superbo pennacchio di fumo, croce e delizia del personale di seguito ! Naturalmente qualche volta fa le bizze, ma è perdonabile: tutti abbiamo dei momenti di malumore… Recalcitra, si impunta e non vuol più proseguire. E’ gioco forza allora sorbirsi qualche decina di chilometri a piedi, magari con la neve. Altre volte, invece, tutto preso da nostalgie sentimentali, sente l’inderogabile necessità di adagiarsi languidamente sulla tenera erbetta di un prato…ma sono casi rari! Certa gente cattiva gli decretò un giorno la fine, ma poi, ripensandoci lo risparmiò non volendo privare la zona di cotanta gloria, e col segreto, forse, di collocarlo un giorno in un museo a far bella mostra di sé, ad imperaturo ricordo delle sue gesta. Lui commosso, dimenticò allora le antiche ingiurie e cercò di sdebitarsi facendo il mulo durante la guerra. Allungando la coda e accorciando il passo riuscì con grande sforzo a riportare a casa ogni giorno la marea di gente che si appellava disperatamente al suo buon cuore. Arrancava pietosamente come un vecchio signore asmatico ma pure vi riuscì.Per questo credete voi che gliene siano stati grati ? Macchè ! Non l’hanno fatto neppure cavaliere!…La solita ingratitudine umana!